Se hai seguito un corso ITIL® o PMI® ti sarai forse imbattuto in questa frase: “il Design Thinking è un approccio che permette di guardare il mondo con gli occhi dell’utente, di pensare alle sue esigenze e di creare una soluzione che le soddisfi”.
Questa frase però non ci dice molto.
Cos’è davvero questo Design Thinking? E a cosa serve?
Per rispondere a queste domande abbiamo usato sia le informazioni contenute all’interno della ricerca Design Thinking Report di Inprogress Design Lab, sia i risultati ottenuti dalla nostra esperienza nell’applicazione del metodo in E-quality Italia.
Cos’è il Design Thinking?
I settori IT delle aziende ricevono molte richieste di sviluppo di progetti da parte degli utenti.
Queste richieste potrebbero essere molto chiare e semplici da comprendere e sviluppare. Può anche accadere, però, che il problema presentato non ammetta una soluzione logica evidente; in questo caso si parla di Wicked Problem, ovvero di un problema per cui esistono diverse soluzioni, ma nessuna di esse risulta essere chiaramente migliore delle altre. Una situazione simile non richiede una soluzione logica per essere risolta e viene quindi definita ambigua.
È proprio in simili situazioni di ambiguità che entra in gioco il Design Thinking.
Come funziona il Design Thinking?
Prima di capire come funziona questa metodologia è importante chiarire subito che il Design Thinking non si occupa del progetto in sé, ma di gestire la fase di identificazione del progetto: ci porta dal momento in cui riceviamo una richiesta al momento in cui facciamo partire il progetto, qualunque sia la metodologia che poi andremo a utilizzare (Scrum, AgilePM®, PRINCE2®, ecc.).
Bene, ora possiamo passare al cuore del Design Thinking: il suo funzionamento.
Secondo la ricerca di di Inprogress Design Lab, il Design Thinking si applica in 3 dimensioni / contesti specifici:
- Pratica
- Approccio cognitivo
- Mentalità
Pratica
La pratica ci suggerisce cosa dovremmo fare:
- Stabilire la centralità degli esseri umani: siamo delle persone che lavorano per altre persone, con l’obiettivo di rendergli la vita più semplice
- Pensare mentre si agisce: mentre facciamo qualcosa riusciamo a pensare meglio. Nel Design Thinking si passa poco tempo a riflettere e molto di più a fare in pratica le cose
- Visualizzare: il “fare qualcosa” del punto precedente deve essere visibile, quindi – ad esempio – alla scrittura di un documento preferiamo la realizzazione di un prototipo
- Approccio divergente e convergente: alterniamo momenti di creatività a momenti di sintesi, quindi generiamo idee che poi vengono condensate per arrivare a un’unica soluzione
- Collaborazione: siamo esseri umani che lavorano per aiutare altri esseri umani, quindi noi del team di Design Thinking collaboriamo insieme verso un unico obiettivo
Approccio cognitivo
Il Design Thinking è un metodo che ci porta a pensare in modo diverso:
- Approccio abduttivo: come per l’approccio induttivo raccogliamo dati, ma quando tiriamo fuori una teoria non pretendiamo di avere ragione, sappiamo che potrebbero anche essercene altre valide
- Reflective reframing: abituarci a pensare in modo abduttivo ci richiede di fare reframing, ovvero abituarci a cambiare punto di vista
- Visione olistica: guardare la totalità del monto intorno a noi
- Pensiero integrativo: essere disposti ad affiancare alle nostre idee anche quelle degli altri per costruire una cosa più grande
Mentalità
La mentalità si riferisce al nostro modo di comportarci:
- Mentalità esplorativa e sperimentale: dobbiamo avere voglia di fare esperimenti
- Tolleranza per l’ambiguità: è necessaria perché non abbiamo una soluzione chiara
- Ottimismo: ci deve guidare
- Orientamento al futuro: stiamo lavorando nella convinzione che alla fine del progetto rilasceremo qualcosa di buono
La mentalità DT ha ispirato la mentalità HVIT in ITIL® 4.
Modelli per il Design Thinking
Fino ad oggi sono stati sviluppati 3 modelli di altissimo livello del Design Thinking:
- Double Diamond model
- Stanford 5-stage model
- McKinsey Design approach
Questi modelli sono talmente di alto livello da essere inutilizzabili a livello pratico.
Vediamoli brevemente nel dettaglio.
Double diamond model
In questo modello, quando ci viene dato un problema, la prima cosa che facciamo è esplorare tutte le sfaccettature di quel problema, lasciando campo libero al pensiero divergente.
Solo in un secondo momento convergiamo, ridefinendo il problema con parole nuove.
A questo punto, con il problema compreso e ridefinito, passiamo al secondo diamante nel quale generiamo diverse soluzioni. Come ultimo step convergiamo di nuovo e ne scegliamo una, la soluzione finale.
Stanford 5-stage model
Questo modello si trova in ITIL® e ci dice che il Design Thinking si fa in 5 passi:
- Empathize: entriamo in sintonia con gli utenti
- Define: definiamo il problema (come nel double Diamond)
- Ideate: generiamo molte soluzioni creative
- Prototype: per ogni idea realizziamo un prototipo
- Test: il prototipo viene sottoposto a test
McKinsey Design approach
Questo modello è ancora più di alto livello. Ci dice che per fare Design Thinking bisogna tenere in conto 4 cose.
Serve una forte leadership del processo di progettazione (1): il processo deve essere analizzato con la stessa cura con cui si analizzano i costi e i tempi. Dobbiamo quindi avere dei numeri per verificare che la parte di design sia effettivamente efficace.
È importante poi avere un team multifunzionale (2) che attraverso continue iterazioni (3) generi un oggetto che offra la migliore user experience possibile (4).
Questo è ciò che si torva in letteratura, approcci di altissimo livello.
A noi però gli approcci di altissimo livello non servono molto. Per questo motivo vogliamo approfondire un approccio più pragmatico, il DTMethod®.
Design Thinking con il DTMethod®
DTMethod® è un metodo pratico per applicare il Design Thinking composto da 3 elementi principali:
- DTModel: il processo. È come un Double Diamond semplificato che invece di avere 4 passi ne ha 3
- DTTools: 20 strumenti di facilitazione
- DTRules&DTRoles: ruoli e responsabilità
Il DTModel è organizzato su 3 fasi:
- Esplorazione: analisi del problema
- Fase creativa: generazione delle idee
- Costruzione: realizzazione dei prototipi
Prima di vedere nel dettaglio le 3 fasi, introduciamo tre termini / parole chiave del DTMethod che ritroveremo spesso:
- Challenge: il problema che dobbiamo risolvere
- Idea: la sfida viene affrontata creando delle idee, ovvero delle soluzioni potenziali. L’obiettivo è generare più idee possibili
- Soluzione: del ventaglio di idee emerse ne scegliamo una sola. Il termine soluzione non fa riferimento all’oggetto sviluppato, ma a un’idea che è stata prototipata
Bene, ossa possiamo iniziare.
Il primo passo è preparare il lavoro. Per preparare il lavoro il DTSponsor – ovvero la persona che da energia e risorse al Design Thinking e colui che presenta un problema a cui trovare una soluzione, – definisce la challenge, di cui è proprietario.
Il DTSponsor nomina poi un DTFacilitator, che diventerà il coordinatore del Design Thinking facilitando tutti gli incontri. Vengono nominati anche i DTDesigner, ovvero persone provenienti da più aree funzionali che aiutano a risolvere ed affrontare la challenge.
Un altro ruolo è quello del DTCoordinator, colui che fissa l’agenda delle riunioni e si occupa delle convocazioni.
Il DTSponsor, dunque, definisce la challenge e con l’aiuto del DTCoordinator pianifica un calendario di incontri.
Una volta definita la challenge il processo inizia.
Exploration phase
Le informazioni sulla challenge vengono condivise con un tool che si chiama Challenge Tree.
Il Challenge Tree è composto da 3 parti:
- Definizione della challenge
- Perché la challenge è importante
- Quali sono gli effetti della challenge
Una volta che le informazioni sulla challenge sono state condivise, vengono identificati gli stakeholder e si procede a una stakeholder research: Con l’obiettivo di scoprire necessità e aspettative degli stakeholder si svolgono delle interviste oppure si fanno partire batterie di sondaggi.
Una volta definiti gli esiti dei sondaggi creiamo delle User Story. Il metodo prevede che vengano selezionate solo le User Story ad alta rappresentatività, richieste da molte persone.
Creative phase
Passiamo alla seconda fase del DTMethod®, la fase creativa. Ciò che dovremmo fare è:
- Creare delle categorie per le idee: per aiutare le persone a creare
- Generare idee per ciascuna categoria: utilizzando la tecnica 6-3-5 viene chiesto ai designer (massimo 6 persone) di tirare fuori 3 idee a testa in 5 minuti
- Raccogliere le idee simili e trovare collegamenti tra loro
- Filtrare le idee poco interessanti con la matrice Now-How-Wow: le idee possono essere a bassa / alta originalità e facili / difficili da implementare; le uniche idee che sopravvivono sono le idee che ricadono nei quadranti How e Wow, ovvero idee ad alta originalità.
- Mettere le idee in priorità con la Relative Importance Grid: un foglio excel che consente di mettere a confronto ogni idea con tutte le altre. L’idea che vince prende un punto e l’altra zero.
Grazie a questi punteggi possiamo mettere le nostre idee in priorità e passare allo step successivo: Build-Break-Repair:
- Build: ogni designer prende un’idea dalla lista e la presenta agli altri
- Break: un’altra persona fa di tutto per tirare fuori dei motivi per cui l’idea risulti fallimentare
- Repair: una terza persona cerca di ricostruire ciò che è stato distrutto, mostrando cosa faremo per evitare che l’idea fallisca.
Questo ci consente di continuare a ragionare sulle nostre idee e portarle avanti.
Construction phase
Successivamente faremo dei prototipi, i quali attraversano 3 fasi di testing:
- Alfa testing: test con i designer, quindi con chi ha partecipato al progetto
- Beta testing: facciamo un nuovo test estendendolo anche agli altri colleghi, ovvero chi non ha partecipato al Design Thinking
- Gamma testing: coinvolge persone esterne all’organizzazione
Una volta svolti i test è possibile passare allo sviluppo vero e proprio delle idee, dando inizio ai relativi progetti.